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Don Renzo Forconi è stato per quarant’anni presidente dell’Opera Diocesana di Assistenza. Dal 1976 fino al giorno in cui è venuto a mancare (era il 19 dicembre del 2008) ha guidato l’Oda con un amore e un entusiasmo instancabili.

Si è dedicato a quelli che amava chiamare “i suoi ragazzi” come un padre fa con i propri figli, è stato un presidente affezionato e una guida spirituale per tutti loro.

Amava prendersene cura personalmente, non si tirava indietro se c’era da fare la spesa o da accompagnarli da qualche parte, e se poi c’era una festa dovevano esserci anche loro, i suoi ragazzi.

Per Don Renzo era fondamentale che gli ospiti del centro di Villa San Luigi e quelli di Diacceto vivessero in ambienti confortevoli e familiari, e per questo ha dedicato tante energie alla ristrutturazione delle strutture dell’Oda, cercando sempre di preservarne la dimensione umana e contemporaneamente tenendo alta l’attenzione alle esigenze socio-sanitarie.

Il suo ricordo è rimasto vivo in chiunque lo abbia conosciuto, e il suo messaggio di fede, tenace e inesauribile, guida ancora chi lo ha avuto accanto.

La sua dedizione e l’alto rispetto per la dignità umana si leggono molto chiaramente nelle parole che lui stesso scrisse nel 1989:

“L’Oda dal 1971, in collaborazione con gli enti locali, svolge un servizio di amore e giustizia verso gli ultimi tendendo una mano attraverso servizi riabilitativi qualificati a coloro che si sono trovati affetti da cerebropatie gravi e gravissime ed alle loro famiglie, spesso angosciate.

Il servizio dell’Oda non è frammentario né occasionale, ma investe l’ospite in relazione ai suoi bisogni e dà a lui il diritto di vivere e di crescere negli anni, con una tutela che abbraccia l’arco di tutta la sua esistenza.

Ricordo in particolare la frase che mi fu detta nel 1976 da un funzionario del ministero della Sanità: “Don Renzo, molto francamente mi dica se non è vero che i suoi ragazzi costano moltissimo e non producono nulla? Bisognerebbe pensarci prima, così la società avrebbe un peso in meno da portare avanti. Queste parole ebbero in me e successivamente in coloro che lavorano nell’Oda l’effetto di una bomba in positivo:

l’Oda riconobbe ancor più la validità della sua ragione di esistere perché quei ragazzi di un tempo e quei giovani di oggi sono meravigliosi e capaci di donare a noi una gioia particolare: l’avercela fatta nel cammino della normalità, anche se a piccoli passi, verso il diritto alla gioia, al movimento, al gestire se stessi e al sentirsi quindi vivi e vitali.”

 
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